Abbiamo un solo nome e solo una vita. Vero, in parte. Vero,
forse no.
C’è chi vive due volte, chi rinasce dopo un intervento, chi vede la morte in faccia e cambia vita. Di solito si cambia per andare avanti. Non sempre.
C’è chi, dopo 6 anni, non cambia vita per andare avanti, ma per tornare indietro.
C’è chi vive due volte, chi rinasce dopo un intervento, chi vede la morte in faccia e cambia vita. Di solito si cambia per andare avanti. Non sempre.
C’è chi, dopo 6 anni, non cambia vita per andare avanti, ma per tornare indietro.
E’ il 1996 quando un ventenne brasiliano, procuratasi una carta d’identità falsa, decide di cambiare il suo io, modificare nome e data di nascita per liberare il proprio ‘talento’ dai vincoli anagrafici.
E’ il 2002 quando, questo stesso ragazzo, ormai 26enne, decide di tornare se stesso, rischiando tutto per non dover più vivere nella menzogna.
Questa è la storia di Luciano Siqueira de Oliveira, diventato Eriberto Conceição da Silva, tornato se stesso.
Accostare la parola talento al brasiliano prevede uno sforzo
non indifferente, ma le doti di corsa, sacrificio e la capacità di coprire la
fascia destra non gli mancava. Bravo, ma non abbastanza da evitargli di essere
continuamente scartato ai provini. Promettente certamente, ma troppo anziano
per essere preso in considerazione dai club brasiliani, figuriamoci quelli
europei. Essere vecchi a 20 anni è un trauma, quando cresci con la voglia di
sfondare nel mondo del pallone, quando cresci nella povertà, dove un sogno non
ti rende più forte, ma più deluso.
La disperazione porta a commettere errori, Luciano decide di
diventare Eriberto e, ringiovanito di quasi 4 anni, ottiene un ingaggio dal
Palmeiras, la squadra dei vari Altafini, Rivaldo e Cafu. A suon di cavalcate,
il suo nome entra anche nei taccuini dei club europei.