David Bowie è stato molto più di un pugno di canzoni di successo: innovatore, punto di contatto tra avanguardia e cultura pop, ispiratore per una generazione di musicisti della new wave anni '80, e molto altro ancora. Una cosa certa ed innegabile è che con alcune sue canzoni accompagna le corse di tante persone, grazie alla capacità di proporre melodie memorabili su ritmi ben cadenzati. Difficile scegliere un album in particolare da consigliare tra le tante pietre miliari che ha lasciato lungo il suo cammino: "Ziggy Stardust", "Heroes", "Honky Dory", "Low"... Ma io mi soffermo su "Space Oddity", forse mezzo gradino sotto i sopracitati, ma contenente non poche cavalcate folk-rock adattissime come sottofondo musicale per allenamenti mediamente intensi.
Uscito nel 1969, rappresenta il secondo album di David Bowie, ancora nella fase più classica della musica. Nonostante ciò, l'album si apre con la memorabile title track "Space Oddity", anticipatrice dei temi fantascientifici di Ziggy Stardust", passando tra diversi cambi di ritmo e una melodia che è entrata nella storia della musica. "Unwashed and Somewhat Slightly Dazed" lungo i suoi incessanti 6' sembra tratta dalla discografia del primo Bob Dylan, con anche l'armonica a bocca, tipica dei folk-singer anni '60.