Rientrare alle corse dopo quasi un anno di inattività non è
semplice, ma se ti chiami Alberto Contador e hai contribuito a scrivere la
storia del ciclismo questa difficoltà appare meno insormontabile. Era il 2012, quando
nella diciassettesima tappa della sessantasettesima edizione della Vuelta
Espana il madrileno ha mostrato al mondo di che pasta fosse fatto.
Che fosse un campione era fuori discussione, Vuelta, Giro e
Tour erano già nel suo palmarès, ma dopo la controversa squalifica nessuno si
sentiva più di scommettere su di lui. L’anno fermo, il morale basso per la
revoca di un Tour e un Giro d’Italia, quest’ultimo vinto dominando, e una
coppia di spagnoli tirati a lucido, Valverde e Rodriguez, sembravano ostacoli
troppo ardui da superare. Perfino per lui, abituato a soffrire, dopo aver
combattuto contro un aneurisma cerebrale che, nel 2004, sembrava avergli
compromesso vita e carriera.